Serapo, ecco l’origine del nome della spiaggia più conosciuta e frequentata di Gaeta!

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Sabbia finissima, la spiaggia per eccellenza di Gaeta e dei gaetani, poco distante dal centro cittadino, dalle pendici del Parco regionale di Monte Orlando e dal centro storico: semplicemente Serapo!

Frequentata da tantissimi turisti sia italiani che stranieri attratti dal suo inconfondibile fascino, Serapo può vantare una sabbia dorata, fine, pulita, leggera, soffice, che nel corso dei decenni ha affascinato ed affascina chi ha il piacere di passeggiare in riva al mare.

Da qui si può ammirare un paesaggio unico e mozzafiato. Un orizzonte dove troneggia la «Nave di Serapo», uno scoglio la cui forma allungata ricorda quella di una nave. 1,5 km di spiaggia compresa tra il promontorio della montagna spaccata e i resti della villa d’epoca romana di Gneo Fonteo da cui prende il nome la spiaggia di Fontania.

Ma dove ha origine invece il nome di «Serapo»?

Secondo Erasmo Gesualdo, nella monografia «Sulla via Appia» (Napoli, 1754), si fa riferimento ad un tempio fatto erigere, tra il I e II sec. d. C., dall’imperatore Adriano e dedicato al dio Serapide. L’avvocato del Monastero di S. Angelo e di Montecassino, conosciuto anche come storico locale, scrive di un’area che oggi è collocabile nei pressi dello Stadio comunale «A. Riciniello» attraversata, guarda caso, dall’attuale via Serapide.

Chi era questa divinità pagana?

Serapide era una divinità che racchiudeva, nel suo sincretismo, più culti dei popoli del Mediterraneo: la fusione del dio egizio Osiride-Api con attributi di alcune divinità adorate dai greci. Tolomeo I, faraone e fondatore della dinastia tolemaica, aveva introdotto ad Alessandria, nuova capitale d’Egitto, il culto di Serapide. Il faraone macedone, già guardia fidata ed amico di Alessandro Magno, una volta conquistato il regno, avviò un processo di fusione tra le divinità egiziane e quelle greche.


L’iconografia classica raffigurava Serapide come uno Zeus, barbuto e seduto su un trono, con un basso diadema greco sul capo o con la corona di Osiride, con doppia piuma e corna d’ariete. L’assonanza con Osiride, dio dei defunti e della vegetazione, rendeva Serapide assimilabile, per i greci, ad Ade ed a Dioniso. Per alcuni aspetti, la nuova divinità era invocata per le guarigioni. Il culto di Serapide, dopo essersi diffuso in tutto l’Egitto, fu instaurato anche nelle isole dell’Egeo.


Sebbene oggi a Gaeta non sia rimasto nulla del tempio, possiamo immaginarlo come quello fatto edificare a Roma dallo stesso Adriano, al ritorno del suo viaggio in Egitto del 130-131 d.C.. Il Serapeo era stato appositamente decorato con statue raffiguranti i culti di Osiride, ad esempio il dio che muore e risorge ed il culto del dio alessandrino Serapide, del quale l’Imperatore romano era un fervente sostenitore.